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Corte di Giarola

La Corte di Giarola


Spazi e strutture

Qui ha sede il Centro Parco, il Centro Visite con la Sala Auditorium, il Centro di Educazione Ambientale e l’Infopoint sui percorsi enogastronomici.

corte_giarolaIl Centro Visite si sviluppa su due piani: piano terra in cui vi sono i locali relativi all’ex stalla mentre al piano superiore, la grande sala occupa lo spazio un tempo adibito a filanda.
L’allestimento del Centro Visite è predisposto per la ricezione del pubblico e per ospitare iniziative congressuali, nonché esposizioni temporanee.

Nel Centro Visite è stato proposto un percorso espositivo che intende rappresentare l’ambiente fluviale e il lavoro del parco.


 

Museo della Pasta


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Presso la stupenda Corte Agricola Medievale di Giarola (Collecchio), posta sulla sponda destra del fiume Taro, in asse con quella Via Francigena che conduceva i pellegrini verso la Città eterna, a fianco del già esistente Museo del Pomodoro, viene allestito il Museo della Pasta, nel contesto del più ampio circuito dei Musei del Cibo della provincia di Parma (Museo del Parmigiano Reggiano a Soragna, del Vino a Sala Baganza, del Salame a Felino, del Prosciutto e dei salumi a Langhirano) a completare un percorso di approfondimento dei più importanti prodotti alimentari del territorio.

Sede di un’industria di conserva di pomodoro per i primi sessant’anni del Novecento, oggi è anche centro del Parco Fluviale Regionale del Taro. La pasta secca di semola di grano duro, di origine mediorientale, ha trovato in Italia la patria d’elezione, sviluppandosi nei secoli in diverse aree del Paese: in Sicilia, in Liguria, a Napoli, a Bologna e in tutta l’Emilia.

Nell’Ottocento inizia a Parma l’attività di Barilla, oggi leader mondiale del settore, che ha contribuito in maniera determinante alla nascita del museo dedicato alla conoscenza storica, tecnologica e culturale della pasta.
La prima sezione, dedicata al grano, alle sue caratteristiche e alle modalità di coltivazione, presenta modelli, antichi attrezzi contadini e documenti che testimoniano l’evoluzione delle tecniche agricole.

La seconda sezione è dedicata alla macinazione, alle varie tipologie di mulino, con modelli e iconografia storica di grande interesse, la ricostruzione di un mulino a macine e un moderno mulino a cilindri.

La preparazione casalinga della pasta fresca, a cui è dedicata la terza sezione, viene raccontata attraverso piccoli attrezzi domestici, l’arte del matterello e la straordinaria varietà della più ricca collezione italiana di “speronelle”, o rotelle da pasta.

Un vero pastificio industriale della prima metà dell’Ottocento consente al visitatore, nella quarta sezione, di comprendere le varie fasi di produzione della pasta secca, con macchinari originali, perfettamente restaurati. Un secondo nucleo di macchine antiche, mostra, nella quinta sezione, le metodiche di produzione in un laboratorio artigianale emiliano del secolo scorso. La prima pressa continua, progettata dagli ingegneri parmigiani Mario e Giuseppe Braibanti nel 1933 introduce il tema dell’automazione sviluppato nella sesta sezione, con modelli e video, che presentano le attuali, modernissime tecnologie impiegate nei pastifici industriali per garantire un prodotto di alta qualità costante nel tempo.

La settima sezione illustra, attraverso le “trafile”, il modo di formatura di oltre cento differenti formati di pasta, vere “architetture per la bocca”.
Alla comunicazione della pasta è dedicata l’ottava sezione, con manifesti, locandine, affiches storiche realizzate da cartellonisti e grafici di fama. La sezione gastronomica presenta la storia dello scolapasta, dei ricettari e gli abbinamenti ideali tra formati e condimenti, valorizzando le tipicità delle varie regioni d’Italia e la Dieta Mediterranea. Una panoramica sulla pasta nell’arte e nella cultura – dai dipinti ai francobolli – chiude il ricco percorso espositivo.

Un antico centro di trasformazione agro-alimentare
Giarola sorge sulla riva destra del Taro all’incirca a metà strada tra Fornovo e Pontetaro. Il significato e l’origine del toponimo sono di facile decifrabilità: Glarola, cioè la ghiaietta del Taro, in epoca romana o altomedievale. A capo di uno dei tanti guadi del fiume, Giarola venne a trovarsi sulla strada pedemontana che, provenendo dalla Val Baganza e da Talignano, conduceva a Medesano, Noceto e Borgo San Donnino. La località, interamente pianeggiante, stretta tra Oppiano a Sud, la strada Maestra a Est, il torrente Scodogna a Nord e il fiume Taro a Ovest, in età storica, cioè dalla metà dell’Undicesimo secolo, epoca alla quale risalgono le prime notizie, divenne proprietà del monastero femminile di San Paolo e sede di un piccolo nucleo monastico intorno al quale vennero a formarsi una chiesa, stalle e vaccherie, abitazioni, un mulino e un caseificio: una corte rurale, insomma, autosufficiente e protetta da robuste mura, tanto che in alcuni documenti viene anche chiamata castro, castello. Il mulino era mosso dalle acque del canale Naviglio Taro, che aveva – come tuttora – il suo incile poco a monte, dapprima a Ozzano e poi un po’ più a valle, verso la chiesa di Oppiano, dove pure esisteva una corte monastica, questa volta dei Benedettini di San Giovanni Evangelista, con un mulino e, forse, anche uno xenodochio, cioè un piccolo ospizio per i pellegrini che transitavano lungo il fiume in direzione di Fornovo per affrontare il tratto appenninico della Via Francigena, o Strada Romea. Il canale Naviglio Taro scorreva quindi attraverso Collecchiello e Vicofertile e portava l’acqua a Parma a Porta San Francesco, oggi Bixio, e giungeva fino alla peschiera del Parco Ducale. Muoveva parecchi mulini e opifici in campagna e in città, fino alla fabbrica ducale dei vetri e delle maioliche, passata ai Bormioli alla metà dell’Ottocento. Tutta questa zona rivierasca, un tempo sicuramente paludosa e fitta di boschi, al volgere del primo millennio era dunque già ben bonificata e resa produttiva. Le coltivazioni erano a grani, foraggi, viti e riso. Le risaie, presenti già nel Cinquecento, vennero soppresse per disposizione ducale, ma ripristinate, perché assai redditizie, nell’Ottocento; definitivamente ritenute dannose per la salute pubblica, vennero soppresse nel 1874. Il castello aveva la sua sia pur limitata importanza strategica se all’inizio del sec. XIV fu aspramente conteso durante la lotta tra le fazioni che si riunivano intorno alle più importanti famiglie parmigiane; nel 1451 ospitò il duca Francesco Sforza proveniente dal Piacentino e in viaggio nel Parmense, e vi si accampò parte dell’esercito dei Collegati comandato da Francesco II Gonzaga, che datò alcune sue lettere proprio da Giarola, alla vigilia della Battaglia del Taro del 6 luglio 1495. Giarola si inseriva nel sistema di incastellamento del territorio. Per accennare soltanto agli immediati dintorni, altri castelli o corti fortificate erano a Madregolo, Collecchio, Segalara, Carona e, oltre il Taro, a Noceto, quasi tutti nelle mani della famiglia Rossi. La chiesa, invece, originariamente una semplice cappella, benché inserita nel percorso della Via Francigena, non aveva il titolo di distinzione di Pieve e già nel 1230 dipendeva da quella vicina di Collecchio. Certamente però aveva una forma plebana, con fronte a capanna, abside semicircolare e archetti in cotto, alcuni dei quali sono sopravvissuti ai consistenti restauri intervenuti nel tempo, in particolare nel sec. XVIII, e ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale. All’interno si conservano, tra l’altro, un’Annunciazione di un buon imitatore del Malosso, forse Francesco Lucchi (come suggerito da Giuseppe Cirillo e Giovanni Godi) dei primi del Seicento entro una cornice settecentesca, una Sacra Famiglia coi Santi Gioacchino e Anna, di discreta qualità, della seconda metà del Settecento e un paliotto in cuoio lavorato e dipinto, della stessa epoca

Cultura dei prodotti tipici del territorio


I prodotti tipici valorizzano l’immagine e qualificano l’intero territorio

Parma vanta molti dei prodotti, nel settore agro-alimentare, che concorrono nel contraddistinguere l’alta qualità del food italiano nel Mondo (Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma, Culatello di Zibello, Salame Felino, Coppa di Parma, Vini dei Colli di Parma, Pasta, Pomodoro, fungo Porcino di Borgotaro,) ed altri ancora ben noti a livello locale.

L’unicità è una delle caratteristiche peculiari della “tipicità” e costituisce un elemento significativo di promozione e valorizzazione di un territorio. Queste le chiavi di volta del progetto “Musei del Cibo”

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La storia dei prodotti, delle generazioni di agricoltori e artigiani che nei secoli ne hanno curato nascita, perfezionamento, diffusione, che raccontano i diversi prodotti che si sono affinati nei secoli, radicandosi ad  aree della ben precise della provincia Provincia, con  ai connotati climatici, morfologici e pedologici, altrettanto specifici.

Un salto in dietro nel tempo, che consente di vedere al lavoro, tra le pene e le fatiche del passato, il genio creativo della popolazione, la tenacia e perseveranza.

Il circuito dei tanti Musei del cibo, vede distribuiti distribuiti, spazio dedicati alla cultura del cibo, sull’intero territorio della provincia di Parma, con attenzione alla vocazione di ogni area e al sito in cui collocarli.

Luoghi della memoria, suoi custodi fedeli, ma anche teatro dell’oggi per tramandare la storia, salvata dal rischio di disperdersi, alle nuove generazioni. Spazi vivi non solo per visitatori curiosi, ma anche per attività formative e divulgative sui caratteri dei prodotti, l’educazione alimentare al consumo. Per questo i musei sono dotati di sala per la degustazione e aula per la formazione e informazione di studenti, giornalisti, ricercatori.